Templi di Abu Simbel




Abu Simbel: il fascino intatto dei templi ricostruiti


Camminiamo sul sentiero che costeggia la montagna e siamo consapevoli che a breve i nostri occhi saranno colpiti da una visione stupefacente. E infatti dopo pochi passi iniziamo a vedere di fronte a noi l’enorme Lago Nasser (di una grandezza davvero impressionante), mentre sulla sinistra la parete di roccia che fino a quel momento non ci permetteva di vedere oltre finalmente finisce e ci lascia intravedere quella meraviglia che sono i due templi di Ramses II ad Abu Simbel.


Non a caso nel 1979 sono entrati a far parte della lista dei siti patrimonio mondiale dell’Umanità redatta dall’UNESCO. Certo, sappiamo che per evitare che l’acqua del lago li sommergesse, dopo la creazione della diga si Aswan, entrambe le strutture sono state tolte dalla posizione originale e spostate circa duecento metri più in alto in questa montagna costruita apposta per ospitarli. Ma sappiamo anche che i templi e tutti i dipinti che li ornano sono originali, sono stati ricostruiti pezzo per pezzo – con un lavoro immane – così com’erano prima che fossero minacciati da quel grande progetto idraulico che ha interessato il Nilo e che oggi fa sì che non ci siano più le saltuarie piene che riempivano di humus le terre dei contadini ma che l’acqua per irrigare i campi sia costante lungo tutto l’anno.


I colori sono spettacolari: è presto, sono le 7 del mattino ma il sole è già abbastanza alto e il cielo è di un blu terso, mentre la pietra con cui sono costruiti i templi è di un ocra molto acceso, cha fa risaltare ancor più le ombre prodotte dalle immense statue che ornano gli ingressi dei due enormi templi. Il primo tempio che si incontra è il Tempio Maggiore, quello che tutti coloro che sono stati almeno una volta nella loro vita a Gardaland conoscono bene: l’attrazione degli Egizi riproduce, infatti, le fattezze di questo grandioso monumento che Ramses II fece erigere nel XIII secolo a. C. per mostrare la sua forza e commemorare le sue vittoriose campagne militari.


La facciata colpisce per la maestosità delle statue che vi sono collocate, tra le quali spiccano le 4 statue tutte uguali di Ramses II (una delle quali, però, risulta acefala perché la testa del faraone è crollata e si trova oggi ai piedi della statua stessa), riprodotto seduto e con indosso la corona dell’Alto e Basso Egitto, i simboli del potere del faraone, e attorniato dalla madre, dall’amata moglie Nefertari e dai figli prediletti.


Più in alto, in una nicchia al centro della facciata, si trova invece la statua del dio Ra’ Harakhti, raffigurato come un falco circondato dal disco solare. Dopo le foto di rito, imbocchiamo la porta di ingresso del tempio: un cartello ci avvisa che all’interno non è possibile utilizzare la macchina fotografica. Poco male, ci concentriamo su quanto di bello c’è da vedere: la prima sala che si incontra è la sala dei pilastri – alcuni dei quali presentano statue alte più di dieci metri - tutti decorati con dipinti e geroglifici che celebrano la gloria del faraone. Le pareti laterali della sala, invece, raffigurano la grandezza militare di Ramses II, passato alla storia, fra le altre cose, per la vittoria contro gli Ittiti nella sanguinosa battaglia di Kadesh. Lasciamo questa grande sala per entrare in una sala più piccola in fondo alla quale si trovano quattro statue sedute, che guardano verso l’entrata principale del tempio. Tre di queste raffigurano dei (Ra’ Arakhti, Amon Ra’ e Ptah) mentre l’ultima rappresenta lo stesso faraone Ramses II deificato e quindi degno di sedere in mezzo agli altri dei.

Un fatto davvero particolare è legato a queste statue: due giorni all’anno – per l’esattezza il 22 febbraio e il 22 ottobre – i raggi del sole entrano nel tempio con un’inclinazione tale da andare a colpire e illuminare la statua di Ramses. Le date non sono affatto casuali, visto che prima dello spostamento dei templi a causa della diga lo stesso fenomeno aveva luogo il 21 febbraio e il 21 ottobre, ovvero rispettivamente il giorno della nascita del faraone e quello della sua incoronazione.

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