Giza Piramidi Cheope Chefren Micerino


E’ quasi mezzogiorno e finalmente siamo a Giza! L’impressione è quella di una città cresciuta troppo in fretta a ridosso del Cairo, con case malconce, di mattoni crudi, molte delle quali non finite di costruire ma in alcuni piani già abitate, sporcizia un po’ dovunque e strade polverose solcate da muli, asini, cavalli che si alternano a macchine, taxi e bus turistici.


A mano a mano che ci avviciniamo al sito archeologico ad ogni semaforo Alì viene fermato da procacciatori d’affari che con concitazione tentano di convincerci a proseguire il tragitto verso le piramidi a dorso di asini o in calesse. Cosa che noi ovviamente non facciamo. Sulla nostra guida avevamo letto che la maggior parte dei viaggiatori indipendenti raggiunge le piramidi attraverso una strada chiamata Pyramids Road, dove è facile essere assaliti da uomini che vi raccontano che le Piramidi sono lontanissime anche se sembrano vicine e che il modo migliore per raggiungerle è salire sul loro cammello.


Alì, invece, ci porta ad un ingresso laterale che c’è in città, proprio tra le case, e ci dice di prenderci tutto il tempo di cui abbiamo bisogno per la nostra visita: lui ci aspetterà lì in un bar lì vicino. Ora l’emozione è tanta ma lo è anche il senso di straniamento che mi provoca la posizione dell’unica meraviglia del Mondo Antico arrivata fino ai giorni nostri: da un lato questo sobborgo cadente del Cairo e pochi metri più in là il deserto sovrastato dalle due grandi piramidi di Cheope e di suo figlio Chefren e più a sinistra, un po’ defilata, la piccola piramide di Macerino.


A darci il benvenuto, di fronte alla piramide di Chefren c’è la mitica Sfinge: rispetto alle costruzioni che ha alle spalle è davvero di dimensioni ridotte e nonostante l’erosione attuata dalla sabbia e dal vento, oltre che le razzie dei predoni le abbiano cambiato i connotati il suo fascino rimane intatto. Alla biglietteria facciamo il biglietto per entrare nel sito archeologico di Giza: il costo è di 60 LE a testa.


L’ingresso alle due piramidi visitabili (le due più grandi) e al museo della barca solare hanno un costo a parte. Non starò a raccontare le splendide sensazioni provate durante la visita di questo sito: posso solo dire che nessun documentario, o fotografia o cartolina potrà mai trasmettere quello che ho provato in quelle ore passate a contemplare, stupita e incredula, tanta perfezione concentrata in una costruzione edificata dall’uomo migliaia di anni fa. E questo stupore e ammirazione per la bravura degli antichi egizi che hanno costruito tutto questo aumenta a dismisura quando entriamo nella grande piramide di Cheope (costo 120 LE, biglietteria di fronte all’ingresso della Piramide) e in quella di Chefren (costo 80 LE).


Nel primo caso, un minuscolo cunicolo di poco più di un metro di altezza ci conduce verso l’alto, verso una galleria ripida ma con il soffitto decisamente più alto che sfocia nella camera funeraria del faraone. Qui l’aria è pesante, ma si respira senza problemi, nonostante il caldo sia soffocante. Meglio non pensare alle tonnellate di calcare, basalto e granito che si trovano in quel momento sopra la nostra testa e per fortuna siamo entrati solo noi per cui durante la discesa non incontriamo nessuno che intralci il nostro passaggio nel cunicolo… Mi chiedo come abbiano fatto i profanatori di tombe a trovarne l’ingresso di questa costruzione tanto immensa quanto misteriosa, a farsi strada fra la selva di cunicoli e finte vie e infine a raggiungere la camera del faraone.


La piramide di Chefren invece possiede la particolarità di avere ancora intorno al vertice buona parte dei suo rivestimento calcareo originario (rivestimento che ricopriva tutte e tre le piramidi e che nel corso dei secoli è stato portato via a pezzi e utilizzato per nuove costruzioni) che la fa sembrare più alta della grande piramide. In realtà, questo effetto ottico è dovuto al fatto che la costruzione è situata su un piccolo pianoro, leggermente sopraelevato rispetto alla piramide di Cheope, che si trova alla sua destra. Entriamo. Al contrario della grande piramide in questo caso si scende attraverso un cunicolo, anch’esso stretto e basso che si congiunge ad una galleria che porta alla sala sepolcrale esattamente al centro della piramide.


Su una delle pareti della sala campeggia una scritta che avverte il visitatore che il primo a entrare nella piramide (dopo una prima violazione nel 1200) è stato nel 1918 Giovanni Belzoni. Questa enorme scritta mi fa sorridere e pensare al fatto che noi italiani ci facciamo sempre riconoscere in tutto il mondo! L’ambiente è buio ma si riesce comunque a vedere il sarcofago reale in granito rosa, non decorato, trovato vuoto al tempo della scoperta. Chissà se il corpo del faraone sia mai stato ospitato al suo interno… E’ utile sapere che all’interno di entrambe le piramidi non è possibile fare fotografie e le macchine fotografiche vanno consegnate ai custodi e poliziotti che si trovano all’ingresso. Una volta usciti la macchina vi verrà restituita ma conviene comunque tenere a portata di mano 1 LE da dare come mancia.


Tra la visita a una piramide e l’altra decidiamo di entrare anche nel museo della barca solare (ingresso 50 LE a persona), una barca sacra rinvenuta nel 1954 in una fossa nei pressi della piramide di Cheope, probabilmente utilizzata per trasportare il corpo del faraone verso la tomba e poi offerta agli dei per propiziare il congiungimento del re con il dio Sole. Non rimaniamo affatto delusi dalla nostra scelta, un po’ perché a Giza il sole è ormai a picco e inizia a fare molto caldo (e quindi entrare nella struttura condizionata dove è contenuta la barca è molto piacevole) e poi perché la nave che è stata ritrovata, divisa in 1200 pezzi che sono stati restaurati e rimessi insieme uno ad uno, è davvero di grandissimo interesse e in ottimo stato di conservazione. Nel frattempo sono arrivati numerosi pullman turistici e la piana si è riempita.


Decidiamo di camminare ancora un po’ in mezzo a queste costruzioni mitiche, ci avviciniamo alla Sfinge per osservarne meglio il naso mozzo e i piedi giganteschi: questo monumento, che una volta probabilmente incuteva un grande timore ed era messo a guardia delle piramidi, ora mi fa quasi tenerezza, così inerme nei confronti del tempo che passa irrevocabilmente e che giorno dopo giorno le porta via qualche pezzo.


Guardiamo l’orologio: sono quasi le 16, siamo in giro dalle 7.30 e la stanchezza inizia a farsi sentire. Ci dirigiamo quindi verso il taxi di Alì non prima, però, di aver dato un’ultima occhiata alle piramidi, che fin da quando ero bambina sognavo un giorno di poter visitare. Sono felice: oggi quel giorno è diventato realtà…

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